Disciplinare pinsa romana, ovvero come fare un prodotto a regola d’arte

La crescente popolarità della pinsa romana ha attirato l’attenzione di numerosi ristoratori, diventando una scelta importante per chi cerca di differenziarsi in un settore decisamente affollato. Per questo, sono sempre di più i ristoranti e le pizzerie che hanno deciso di offrire la pinsa romana nel proprio menu, e a questi si aggiungono le vere e proprie pinserie

Disciplinare pinsa romana: cos’è e a cosa serve

La principale questione che i ristoratori devono affrontare è: come si prepara una pinsa che rispetti l'approccio originale di Corrado Di Marco? La domanda è più che lecita, poiché il successo mondiale della pinsa è legato a una ricetta precisa, dalla quale sarebbe bene non discostarsi. Esagerare con la creatività fa sì che, al di là della forma, il cliente abbia poi difficoltà a differenziare la pinsa da altri prodotti (come le focacce), non comprendendone il fascin e la carica innovativa. 
Per tutelare il buon nome di un prodotto alimentare e garantirne l’uniformità a livello di preparazione, gusto e specifiche nutritive, vengono in soccorso i disciplinari di produzione, che sono documenti normativi che stabiliscono le regole e i criteri seguiti nella produzione dei singoli prodotti alimentari. I disciplinari fissano gli standard di produzione, indicando gli ingredienti consentiti, le metodologie di lavorazione e le caratteristiche organolettiche desiderate. 
I grandi produttori, i consorzi e le associazioni sviluppano disciplinari di produzione con l'obiettivo di garantire la qualità e la genuinità del prodotto finale, che viene così associato a un marchio riconosciuto. L’apposizione del marchio garantisce la conformità al disciplinare, ovvero l’autenticità del prodotto, fungendo da baluardo contro la contraffazione e garantendo ai consumatori la massima qualità possibile. 

Esiste un Disciplinare della Pinsa Romana?

Sul tema del disciplinare della pinsa romana, possiamo rivolgere l’attenzione a quello dell’Associazione Originale Pinsa Romana, il cui scopo è proprio quello di salvaguardare l'autenticità del prodotto. L’associazione non marchia il prodotto, bensì certifica tutte le attività esercenti che desiderano offrire la pinsa ai propri clienti e lo vogliono fare nel modo giusto e rispettoso della ricetta originale. La certificazione, rappresentata dall’apposito marchio, tutela il consumatore e, al tempo stesso, dà un vantaggio competitivo al locale, permettendogli di attrarre una clientela molto attenta alla qualità del prodotto e all’esperienza.  
Per poter utilizzare il marchio, ogni esercizio deve superare dei controlli rigorosi, che riguardano attentamente ogni fase del processo produttivo, dall’utilizzo degli ingredienti giusti (uno dei segreti della pinsa è il mix di farine) alla preparazione dell'impasto, fino alla lievitazione e alla fase finale di cottura. “Per finire – riporta il Disciplinare - verrà esaminato il prodotto finale controllando che sia
conforme a quanto previsto dal presente disciplinare di produzione. Il responsabile della pizzeria deve dimostrare di conoscere il prodotto Pinsa Romana (disciplinare di produzione) o deve avvalersi di un pizzaiolo riconosciuto dall’Associazione Originale Pinsa Romana”.

Come realizzare una pinsa a regola d’arte: la ricetta originale

L’esistenza di un disciplinare fa sì che la ricetta originale della Pinsa Romana sia nota, pubblica e accessibile a tutti. La pratica è certamente un’altra cosa, ma a livello teorico l’unico segreto è relativo alla composizione del mix di farine: non a caso, Di Marco offre farine professionali finalizzate proprio a realizzare l’impasto della Pinsa originale. 
Per quanto concerne la realizzazione dell’impasto, il disciplinare è molto preciso e stabilisce le dosi esatte per ogni litro d’acqua, ovvero:
  • Farina 1,250 Kg - 1,4 Kg 
  • Lievito 2 g - 6 g in base alla stagione
  • Sale 20 g - 25 g 
  • Olio evo 15 g - 20 g 
I tempi di lievitazione dell’impasto devono essere compresi tra le 24 e le 96 ore e la maturazione avviene in frigo a 4°C. 
Il disciplinare definisce anche il peso delle palline e le dimensioni del prodotto finale, ma soprattutto fissa una serie di divieti cui occorre attenersi. In particolare, oltre al divieto di usare farine non conformi e di scendere sotto le 24 ore di lievitazione, è vietatissimo l’uso del mattarello: la pinsa si stende rigorosamente a mano.
Infine, il prodotto deve ambire, ma soprattutto ottenere determinati risultati, tra cui l’alta digeribilità, l’esterno croccante, l’involucro morbido e un sentore di pane antico nel sapore della pasta.

Come farcire una pinsa a regola d’arte

Il tema della farcitura va oltre gli intenti di un disciplinare di produzione. Qui sta tutto all’esperienza, agli obiettivi dei ristoratori, al pubblico cui si rivolgono e alla loro capacità di miscelare il rispetto della tradizione (viviamo pur sempre nella patria della pizza) con la voglia di innovare, attraendo consumatori diversi a livello di gusto e di ambizioni. 
Il consiglio è semplicemente quello di non farsi sfuggire l’occasione: la pinsa è un prodotto di successo, ma è anche giovanissimo rispetto a concorrenti illustri come la pizza, la piadina e la focaccia. Per questo, ha una capacità nativa di attrarre tutti coloro che vogliono qualcosa di nuovo, di inedito e che non temono di allontanarsi dalla zona di comfort. Un pizzico di innovazione, a livello di accostamenti e di tipologia di proposta (es, avete mai pensato alla pinsa come dolce?), ci sentiamo quindi di raccomandarlo, ma ovviamente senza esagerare.

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